Cio' che mangiamo influenza la salute del pianeta e la nostra

Sulla terra vivono 7,6 miliardi di individui. Garantire cibo per tutti, con le attuali abitudini alimentari, rappresenta una delle principali cause di alterazione degli ecosistemi terrestri ed acquatici, di riduzione delle riserve di acqua e del riscaldamento globale. Tra le varie tipologie di alimenti quelli a base di proteine animali rappresentano la maggior causa di consumo di acqua e di inquinamento.

Ecco una lista di cibi con la descrizione di quanta acqua si consuma e di quanta CO2 si immette nell’atmosfera per produrre un chilo di alimento (i valori sono inevitabilmente approssimati perché anche il luogo di produzione gioca un ruolo nel determinare l’impronta idrica ed ecologica di ogni alimento):

  • manzo (15.000 L di acqua e 60 Kg di CO2);
  • agnello (10.000 L, 25 Kg);
  • maiale (6.000 L, 7 Kg);
  • formaggio (5.000 L, 21 Kg);
  • pollame (4.000 L, 6 Kg);
  • uova e pesce (2.500 L, 5 Kg).

Invece, pasta, riso, pane e ancora meglio frutta e vegetali consumano molta meno acqua (il range è di 300-2.000 L) e producono meno CO2 (range: 0.3-4 Kg) per chilogrammo di prodotto.

Ci sarebbe poi un aspetto che non pare eludibile e cioè il numero di animali uccisi per fornire proteine animali sulla nostra tavola. Ogni anno sono macellati circa 56 miliardi di animali nel mondo (18 dei quali, poi, non vengono neanche consumati).

Per aiutare l’ambiente dovremmo, quindi, mangiare meno carne, soprattutto manzo ed agnello e preferire cibi di origine non animale. Non c’è bisogno di diventare vegani (cioè nessun alimento di origine animale, scelta peraltro non pericolosa per la salute, se gestita con competenza) e neanche di seguire una dieta vegetariana (niente carne o pesce), basterebbe una dieta nota come “flexitarian” che si differenzia dalla vegetariana per un saltuario e moderato utilizzo di carne e pesce (insomma una dieta dettata dal buon senso, facile da seguire, senza dover ricorrere a comportamenti estremi pur se del tutto legittimi e ragionevoli). E qui viene il bello perché la riduzione dell’inquinamento atmosferico prodotto dalla riduzione dell’uso di carne preferendo diete più orientate verso l’uso di prodotti del mondo vegetale, farebbe anche bene alla salute dell’umanità. Un recente studio su Nature Communications basato su modelli di predizione, e riportato per non addetti ai lavori su “The Conversation”, conclude che seguire una dieta “flexitarian” permetterebbe di salvare circa 100mila vite in un anno. Il numero di vite salvate raddoppierebbe con la dieta vegana.

Ma non è tutto perché la dieta flexitarian altro non è che qualcosa di molto simile alla dieta mediterranea che, com’è noto riduce il rischio di malattie come infarto, ictus, diabete, alcune forme di cancro e demenza che sono la maggior causa di morte nei paesi ricchi,

Insomma, ciò che mangiamo condiziona la nostra salute e quella dell’unico pianeta che abbiamo a disposizione. Mangiare le cose giuste è utile per noi e per chi verrà dopo di noi.

 

Autore: Vincenzo Trischitta

 
 

Vincenzo Trischitta insegna Endocrinologia all’Università Sapienza di Roma e dirige un gruppo di ricerca sulla genetica e l’epidemiologia del diabete e delle sue complicanze cardiovascolari presso l’Istituto Scientifico Casa Sollievo della Sofferenza tra Roma e San Giovanni Rotondo. E’ tra i fondatori, nel 2019, del Patto Trasversale per la Scienza. Attribuisce agli scienziati il dovere della divulgazione e della informazione per una società più consapevole e più libera.

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