Comunicazione su salute e scienza biomedica - La battaglia di Fort Alamo.

Fa una certa impressione, l’acrimonia stizzita che si è scatenata dentro Il Fort Alamo in cui è rinchiusa la ridotta che si occupa di salute e comunicazione scientifica in generale. Fuori i cannoni di chi spara scemenze su vaccini coi metalli galleggianti, le patate OGM che sanno di pollo, insegna come coltivare campi di grano spruzzando magico cornoletame o sostituisce un antibiotico da 5 euro con acqua e zucchero (ed un bambino muore di otite), oltre ad altre mirabilia che trovano ospitalità anche su prestigiosi giornali nazionali, nell’apposito box per la par condicio con la scienza vera e nei pomeriggi televisivi affollati di commentatori che con la stessa faccia si esibiscono sui neutrini del Gran Sasso al lancinante mistero se Romina sia tornata con Al Bano.

Dentro il fortino, comunicatori che prendono a male parole giornalisti scientifici che tolgono il saluto ai divulgatori, tutti a rinfacciarsi cose e a criticare altrui atteggiamenti. È una corale crisi di nervi identitaria, scatenata dai social. Che hanno ribaltato ribalte, confuso ruoli, lanciato alcuni agli onori dei follower, silenziando voci che finora avevano un loro ritorno, anche a fine mese.

Se arriva un virologo che spopola sui social e poi in libreria cantandole senza stonare, e pur non avendo frequentato un’ora di lezione a Ca’ Foscari riesce a mobilitare la nazione arrivando ad una legge sui vaccini ed allo strabiliante recupero di 5 punti per quello contro il morbillo da un anno all’altro, vanno in crisi non solo le architetture interpretative della web communication (polarizzazioni, echo chambers, bias cognitivi, Dunning Kruger...) ma anche fermezze ontologiche di categoria: chi siamo, da dove veniamo, soprattutto qual è lo scopo del nostro lavoro.

Anche sul web, come nella vita reale, esiste una maggioranza silenziosa che non mette like e non partecipa a linciaggi e gruppi chiusi. Che certo si fa impressionare dal bambino fotografato di spalle e la scritta sono morto da vaccino. Ma le cose poi tornano al loro posto, quando arriva qualcuno che per preparazione, ruolo e credibilità personale sappia non solo ristabilire la corretta accezione dei fatti, ma anche indicare, chiaramente, che quelli che sparano contro Fort Alamo sono nemici della scienza, della salute, della vita stessa. E sbugiarda, perché ne ha i mezzi cognitivi e capacità esplicative, quali siano i fraintendimenti, le verosimiglianze spacciate per “medicina alternativa” mentre sono solo veleno distillato dall’ignoranza o molto spesso da interessi economici.

Ed allora io giornalista scientifico che ci sto a fare? Io divulgatore a che servo? Io epistemologo della comunicazione, chi mi chiama? Il fatto è che in natura non esistono vuoti, appena si creano c’è qualcuno o qualcosa che per osmosi va a prenderne il posto. Il giornalista scientifico dovrebbe meglio cementare con studio e dati la capacità di parlare al suo pubblico, il divulgatore dovrebbe avere più senso della notizia, il comunicatore farsi capire dai non esperti: e tutti dovrebbero rasarsi i peli sulla lingua. Perché il nemico non sta dentro il fortino, ma là fuori, ed i cannoni sono puntati sulla popolazione.

Autore: Gerardo D'Amico

Laureato in Scienze Politiche, responsabile del settore Salute per Rainews24, conduce BastaLaSalute, settimanale di sanità e salute per la all-news della Rai. Membro onorario della Società Italiana di Pediatria, Premio Pace Aiom per il giornalismo scientifico. Autore di “La Salute in Tasca” edizioni Mursia.

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