Il prezzo di una divulgazione scientifica approssimativa.

Il gioco del telefono è un gioco di società talmente famoso da essere stato accolto in numerose enciclopedie, non solo italiane. Prevede la partecipazione “di più persone che, disposte in fila o in cerchio, si sussurrano rapidamente all’orecchio, a una a una, le parole d’una frase suggerita dal primo della fila; a trasmissione compiuta, l’ultimo del gruppo dice ad alta voce tutta la frase, che arriva per lo più curiosamente alterata” (Treccani.it). Proviamo allora a immaginare che a un capo del filo il soggetto deputato a inoltrare il messaggio decida di puntare su un contenuto ricco di informazione tecnico-scientifica, magari prediligendo come soluzione espressiva termini non della lingua dell’uso, anche quando non strettamente specialistici. Giunto all’altro capo del filo, che resterebbe di quel messaggio?

Immaginiamo poi una situazione ancora più complessa: che a ricevere il messaggio, alla fine della catena, sia non una persona, ma una moltitudine non quantificabile ed eterogenea di individui, ignoti all’interlocutore. Che poco o nulla è, pertanto, in grado di supporre sulla capacità di decodifica del messaggio da parte di costoro.

Immaginiamo, in ultimo, che al primo capo del filo ci sia un ricercatore, magari uno scienziato di laboratorio, e che il messaggio inviato abbia a che fare con la scienza di cui si occupa.

Che ne sarebbe del messaggio?

Constatata la qualità del messaggio ricevuto, si potrebbe pensare di individuare una soluzione nella frapposizione tra scienziato e moltitudine destinataria di una serie di individui dotati di caratteristiche proprie in parte dell’uno e in parte dell’altro occupante le estremità del telefono.

Siamo certi che la qualità rispetto al messaggio inviato in assenza di intermediari di professione sarebbe migliore?

O non si correrebbe piuttosto il rischio di aggiungere un ulteriore fattore di “sbiadimento” del testo, a meno che i facenti funzione di interprete non abbiano davvero la capacità di partecipare di almeno parte di entrambi gli attori coinvolti?

Fuor di metafora, il comunicatore costituisce un’indubbia opportunità per la comunicazione scientifica. Poiché la comunicazione della nostra specie viaggia colle, nelle e oltre le parole, affinché non risulti di impaccio dovrebbe iniziare con l’acquisire consapevolezza sul significato dell’essere interprete.

Interpretare è, infatti, esercitare un’azione di mediazione tra due individui, il primo offerente e il secondo acquirente di un servizio o di un bene. E con l’interprete letteralmente ‘tra i due prezzi’ e interessato affinché l’accordo vada a buon fine. Nel mondo antico, la necessità di un terzo frapposto alla negoziazione costituiva solitamente la conseguenza del fatto che venditore e acquirente parlavano lingue differenti. E per questa ragione, nel corso della sua storia, la semantica di interprete ha finito per concentrarsi sulla mediazione linguistica, rendendo dimentichi gli eredi della tradizione latina del riferimento al prezzo, in precedenza trasparente.

Quando il bene oggetto di negoziazione è la conoscenza, che prezzo si paga come conseguenza di una comunicazione scientifica errata o approssimativa nelle forme o nei linguaggi? Di una comunicazione che non sa farsi divulgazione e che dunque viene meno alla sua missione di ‘diffusione tra la gente’?

Autore: Francesca Dragotto

Linguista, autrice dei blog di divulgazione del sapere linguistico http://tuttopoli.com, http://ilcosoelacosa.com e di http://moggiopoli.net, Francesca Dragotto è ricercatrice presso l’Università di Roma Tor Vergata. Tra i più recenti e significativi contributi editoriali ci sono “Non solo marketing. L’altro modo di comunicare la pubblicità” (2013) e ”Parola di scienziato. La conoscenza ridotta a opinione” (2014), curato insieme a Marco Ferrazzoli. Nel 2012 ha fondato OLOS, collana di studi sui linguaggi e la comunicazione, giunta al quinto volume.

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