La diagnostica prenatale non invasiva. Un tipico esempio di quanto, sugli aspetti biomedici, sia indispensabile il dialogo tra le diverse parte interessate

La diagnostica prenatale non invasiva (in inglese, non invasive prenatal test: NIPT) ha recentemente cambiato lo scenario clinico dello screening prenatale delle aneuploidie fetali autosomiche comuni (anomalie numeriche d’interi cromosomi, come la sindrome di Down). Dal punto di vista tecnico, essa utilizza un nuovo tipo di sequenziamento del DNA, cosiddetto massivo in parallelo, ed è focalizzato all’analisi di una piccola porzione di DNA, non contenuto in una cellula e che è presente nel plasma materno - DNA libero (in inglese, cell-free DNA: cfDNA). Il cfDNA origina, per lo più, dalla liberazione del contenuto nucleare di cellule di origine placentare, andate incontro a morte, apoptosi, e la sua quantità aumenta dalle prime fasi della gestazione fino a raggiungere anche il 10-15% del DNA presente nel sangue materno.

La NIPT sta guadagnando un rapido consenso nel campo dell’ostetricia, data la sua elevata sensibilità e specificità per l’identificazione di aneuploidie (soprattutto trisomie dei cromosomi 21, 18 e 13). Essa rappresenta, tuttavia, solo una forma avanzata di predizione e un risultato positivo richiede la conferma dell’eventuale aneuploidia con diagnostiche invasive, quali l'amniocentesi e villocentesi. Pertanto, la NIPT rappresenta già una sfida alla capacità dei medici di far comprendere alle donne e ai loro familiari che è un test di screening, non un test diagnostico, e si concentra su una serie limitata di aneuploidie fetali.

Un recentissimo articolo apparso su JAMA pone un’ulteriore e importante sfida ai medici che si occupano di NIPT: la possibilità di identificare - accidentalmente - la presenza di una neoplasia maligna materna non sospettata. Questo è presumibilmente dovuto al cfDNA che viene rilasciato nel circolo materno da cellule maligne in apoptosi. La rara condizione di aneuploidie multiple nel sangue materno (presente in <1/10000 donne), se confermata, avrebbe una probabilità oscillante tra il 20 e il 44% di predizione di una neoplasia maligna. I tipi di tumori diagnosticati sono stati tra quelli che più frequentemente si osservano in donne in età fertile. Ciò sottolinea la necessità di una crescente attenzione alla scelta della donna che si sottopone alla NIPT e presuppone un’attenta discussione del caso e un adeguato consenso informato. In questo momento, non vi sono dati sufficienti circa i benefici, i rischi e i costi di comunicazione dei risultati, come gli stessi Autori dell’articolo indicano. E come essi raccomandano correttamente, i dati sottolineano la necessità di determinare il cariotipo (studio dei cromosomi) fetale in tutte le situazioni in cui vi è un risultato NIPT anormale. Poiché è probabile che il ricorso alla NIPT aumenterà nei prossimi anni, un dialogo attivo tra le parti interessate (medici, ostetriche, pazienti, laboratoristi, eticisti, politici, ecc.) deve aver luogo per fornire un parere informato alla donna gravida potenzialmente interessata ma anche al fine di indirizzare e normare l’iter diagnostico e terapeutico di queste pazienti.

Autore: Maurizio Margaglione

Maurizio Margaglione, medico ricercatore, insegna Genetica Medica presso l’Università degli Studi di Foggia. Autore di numerosi articoli su riviste internazionali, dirige il Servizio di Genetica Medica dell’AOU “Ospedali Riuniti” di Foggia.

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